Depressione - Psicologo Prato Iglis Innocenti

Depressione

Cos’è il disturbo depressivo maggiore o depressione?

Generalmente chi soffre di depressione, definita tecnicamente Disturbo Depressivo Maggiore, mostra un umore basso, un profondo senso di vuoto e angoscia, una marcata tristezza quasi quotidiana accompagnata dall’incapacità di provare lo stesso piacere nelle attività che provava prima. Le persone che mi chiedono un aiuto per questo tipo di disturbo raccontano di non provare più niente, di aver perso ogni motivazione a fare le cose, come se tutto dentro si fosse fermato in una pausa lunga un’eternità.

Le persone che soffrono di depressione si “sentono sempre giù”, l’umore ed i pensieri sono sempre negativi. Sembra che presentino un vero e proprio dolore di vivere, che li porta non riuscire a godersi più nulla. L’ambiente esterno e le persone vengono vissute con particolare sofferenza e frustrazione, in grado di alimentare i pensieri di fallimento e insuccesso. L’individuo matura la convinzione di non saper interagire adeguatamente, ritenendo che gli altri non saranno disponibili nei suoi confronti e, dunque, sviluppando il timore che potranno solo peggiorare la sua situazione.
L’aspetto centrale di chi ha un Disturbo Depressivo Maggiore consiste in una spiccata propensione a rispondere con disperazione e rabbia a eventi discrepanti anche minimi, interpretandoli in termini di perdita e delusione.

A fianco di umore depresso, compaiono altri sintomi, spesso così debilitanti da inficiare la qualità della vita:

  • Marcata affaticabilità;
  • Ridotta capacità di concentrarsi;
  • Tendenza ad incolparsi ed svalutarsi;
  • Pensieri di morte (suicidio);
  • Aumento o diminuzione di appetito;
  • Disturbi del sonno.

L’andamento dei sintomi depressivi può oscillare attraverso fasi acute, in cui il disturbo presenta momenti di profonda tristezza e rallentamento psicomotorio, e fasi più “silenti”, durante le quali, comunque, il disturbo è presente anche se in forma attenuata. Possono alternarsi ad improvvisi momenti di peggioramento.
Il Disturbo Depressivo può esordire ad ogni età, con un’età media di esordio intorno ai 25 anni.
Alcuni hanno episodi isolati seguiti da molti anni senza sintomi, mentre altri hanno gruppi di episodi, e altri ancora hanno episodi sempre più frequenti con l’aumentare dell’età.

Psicologia e cause del Disturbo Depressivo Maggiore (depressione)

Personalmente vedo questo disturbo un po’ come una chiave di violino: come questa definisce la posizione delle note e l’altezza dei relativi suoni (quindi il “colore” della composizione musicale), la depressione definisce i “suoni”, ovvero il senso, della composizione cognitiva ed emotiva degli eventi che vive una persona.
Spesso questi pazienti portano con sé temi di vita che hanno a che fare con il proprio passato, quel passato che, nell’essere umano, immancabilmente si trasforma in uno specchio dentro cui riflettere la propria “anima”, il proprio il sé.

L’Io dell’essere umano è, infatti, il prodotto delle esperienze personali che ciascuno di noi fa nel corso degli anni di vita, il cui riverbero inevitabilmente ci condiziona, sussurrandoci velatamente nelle scelte che compiamo, nel modo in cui percepiamo il nostro sé ed il mondo attorno a noi. Ci guida e ci sostiene, fornendoci quelle necessarie coordinate emotive e cognitive che vanno ad intrecciarsi con le esperienze del tempo presente, a formare un’unica mappa della nostra identità.
In altre parole, il passato è lo specchio in cui riconoscersi.

In chi soffre di depressione questo specchio rimanda di frequente un’immagine diversa, una storia distorta di se stesso in cui, come negli specchi deformanti dei Luna Park, stenta a riconoscersi.
A volte questa immagine è il riflesso di un passato che non sussurra e non guida, bensì spaventa e grida: un passato che copre la propria “visuale interna“, falsando le proprie percezioni, le proprie emozioni, il proprio intimo senso di sé. Come un guanto di lattice che non permette il contatto con gli oggetti, questo passato non protegge dal mondo, non sostiene, bensì, stretto e asettico, impedisce il contatto con gli altri e con il proprio sé.

Sintomi del disturbo depressivo maggiore (depressione)

Principali criteri descrittivi del Disturbo Depressivo Maggiore secondo il DSM-5 (2014)

  • Cinque (o più) dei seguenti sintomi sono stati contemporaneamente presenti durante un periodo di 2 settimane e rappresentano un cambiamento rispetto al precedente livello di funzionamento; almeno uno dei sintomi è 1) umore depresso o 2) perdita di interesse o piacere.
    Nota: Non comprendere sintomi chiaramente attribuibili a un’altra condizione medica.
  1. Umore depresso per la maggior parte del giorno, quasi tutti i giorni, come riportato dall’individuo (per es., si sente triste,  vuoto/a, disperato/a) o come osservato da altri (per es., appare lamentoso/a). (Nota: Nei bambini e negli adolescenti, l’umore può essere irritabile.)
  2. Marcata diminuzione di interesse o piacere per tutte, o quasi tutte, le attività per la maggior parte del giorno, quasi tutti i giorni (come indicato dal resoconto soggettivo o dall’osservazione).
  3. Significativa perdita di peso, non dovuta a dieta, o aumento di peso (per es., un cambiamento superiore al 5% del peso corporeo in un mese) oppure diminuzione o aumento dell’appetito quasi tutti i giorni. (Nota: Nei bambini, considerare l’incapacità di raggiungere i normali livelli ponderali.)
  4. Insonnia o ipersonnia quasi tutti i giorni.
  5. Agitazione o rallentamento psicomotori quasi tutti i giorni (osservabile dagli altri; non semplicemente sentimenti soggettivi di essere irrequieto/a o rallentato/a).
  6. Faticabilità o mancanza di energia quasi tutti i giorni.
  7. Sentimenti di autosvalutazione o di colpa eccessivi o inappropriati (che possono essere deliranti), quasi tutti i giorni (non semplicemente autoaccusa o sentimenti di colpa per il fatto di essere ammalato/a).
  8. Ridotta capacità di pensare o di concentrarsi, o indecisione, quasi tutti i giorni (come impressione soggettiva o osservata da altri).
  9. Pensieri ricorrenti di morte (non solo paura di morire), ricorrente ideazione suicidaria senza un piano specifico o un tentativo di suicidio o un piano specifico per commettere suicidio.  
  • I sintomi causano disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti.  
  • L’episodio non è attribuibile agli effetti fisiologici di una sostanza o a un’altra condizione medica.  

Come si cura il disturbo depressivo maggiore (depressione)

L’approccio terapeutico che utilizzo ai fini del trattamento della Depressione combina la terapia Cognitivista Costruttivista con la terapia Cognitivo-Comportamentale.
Il servizio privilegia un’attenta analisi del problema, specificando gli aspetti emotivi, relazionali, comportamentali e situazionali in cui il disturbo ha esordito e in cui si presenta attualmente.

L’approccio Cognitivo-Costruttivista per la cura del Disturbo Depressivo Maggiore parte dalla ricostruzione dei contesti di vita che hanno rappresentato la base del proprio mondo relazionale (famiglia di origine e legami di attaccamento, prime relazioni di amicizia, prime relazioni sentimentali, struttura di personalità) e che hanno contribuito all’esordio e al mantenimento nel tempo del disturbo di cui soffre l’individuo che viene in psicoterapia.
L’obiettivo è l’identificazione dei processi cognitivi (pensieri, modalità di attribuzione dei significati verso sé stessi, gli altri e gli eventi), emotivi (reazioni emotive) e comportamentali che portano la persona ad uno stato umorale molto basso, con sentimenti di forte angoscia e tristezza; successivamente si valorizza lo sviluppo delle risorse personali per affrontare autonomamente ed in maniera costruttiva le difficoltà che potrebbero presentarsi in futuro.

A fianco dell’approccio cognitivista costruttivista, viene utilizzata la psicoterapia Cognitivo-Comportamentale, la quale fonda il trattamento della depressione sul presupposto che la depressione è mantenuta da un’elaborazione delle informazioni distorta e da credenze disfunzionali.
La terapia ha lo scopo di aiutare i pazienti ad apprendere modalità di pensiero più adattive, che hanno l’effetto di migliorare anche le emozioni e i comportamenti.
Il terapeuta, nello specifico, aiuta il paziente a monitorare i propri pensieri negativi e a individuare il legame tra pensieri, emozioni, stati di attivazione fisiologica e comportamenti (ad esempio le persone che ne soffrono tendono ad avere un ipercriticismo verso se stessi, tendono ad accusarsi oltre ogni evidenza, tendono a notare maggiormente gli eventi negativi nelle situazioni quotidiane).
Inoltre, si aiutano le persone a costruire migliori abilità per affrontare le difficoltà quotidiane, che probabilmente hanno portato la persona ad essere depressa.
Così, ad esempio, si può insegnare alla persona modalità comunicative più efficaci o strategie per risolvere i problemi nei quali si trova coinvolto.

Depressione e cura: Un caso di terapia

Una mia paziente di circa 29 anni venne nel mio studio a Prato, lamentando il proprio malessere – depressione – e chiedeva una cura.
Era perseguitata dal suo passato, dai personaggi di ciò che lei definiva “teatro dell’assurdo”, i propri genitori i quali, da figure accudenti, si erano trasformati in personaggi antagonisti, persone “spaventanti”, incapaci di dare amore, negandole quel senso di amabilità in cui ogni essere umano dovrebbe forgiarsi.
La situazione familiare da cui proveniva, purtroppo, aveva minato il proprio senso di sé, imponendo una rigida fisionomia al personale modo di porsi con gli altri e al modo di percepirsi nelle relazioni.
Lei definiva la propria angoscia interna “un vetro rotto”.
In alcuni giorni sentiva un senso profondo di solitudine che ombreggiava le sue scelte, le relazioni amicali, i momenti con il suo compagno. Percepiva di non provare emozioni, come se tutto dentro si fosse spento.
Il lavoro con questa persona è stato molto intenso, a tratti emotivamente difficile, ma davvero molto coinvolgente.
L’obiettivo più significativo da lei raggiunto è stato distinguere il proprio sé reale dall’immagine che il suo passato, la sua famiglia e tutti gli eventi occorsi, le rimandavano.
Ad oggi ha ricominciato a percepire se stessa nelle piccole cose, avvertendo le sue emozioni e riuscendo a dare agli eventi una personale e significativa coloritura… una nuova chiave di violino!