Genitori e figli: una danza che si rinnova - Psicologo Prato Iglis Innocenti

Genitori e figli: una danza che si rinnova

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Fin da piccolo, i miei genitori mi hanno spesso ripetuto:”Il mestiere più difficile al mondo è quello di genitore”. E io, forse un po’ per il gusto della ribellione o per appartenenza all’altra categoria, rispondevo:”Perché non sapete quanto sia difficile essere figlio!”.

A parte l’ingenuità di pensare che mio padre e mia madre non sapessero quanto fosse difficile essere figli (visto che avevo dei nonni!!), in realtà, con gli occhi di adulto e psicoterapeuta, oggi penso che entrambi avessimo ragione.

La relazione fra genitori e figli mi piace vederla come una danza. È un continuo avvicinarsi e allontanarsi, fare piroette e poi riprendersi per mano continuando i movimenti all’unisono. Una dialettica del corpo e delle emozioni, dove, nonostante ci si possa trovare a distanza, forse nemmeno toccarsi in certi punti, non si perde mai lo sguardo l’uno verso l’altro.

Questa danza, però, non è sempre la stessa. Varia a seconda dell’età.

 

Il ballo del qua qua

Quando si hanno figli piccoli, il principale obiettivo dei genitori è cercare di insegnare loro i passi fondamentali perché possano cominciare a muoversi sulla “pista da ballo”. In questa fase, i genitori hanno il ruolo di insegnante di ballo: il dialogo verbale è acerbo, mentre si fanno più importanti gli aspetti non verbali, il gioco, la condivisione. L’obiettivo è rendere i movimenti fra genitori e figli più fluidi, armonici e coordinati possibili.

I balli sono semplici, ma saranno proprio questi a creare la piattaforma di quelli più complessi e articolati dell’adolescenza.

 

Dirty Dancing!

Poi il figlio cresce, e qui la danza si fa più “rock”!

Infatti, il figlio va alla ricerca della sua strada, del suo personale modo di ballare.  Per questo deve abbandonare il cerchio sicuro della famiglia. L’obiettivo è varcare quella sottile soglia che, fino a qualche tempo prima, rappresentava un confine sicuro. Ora le necessità (emotive, ormonali, relazionali) spingono il ragazzo e la ragazza ad andare fuori.

I genitori,in questo caso, devono cambiare il “passo di danza”. È come se per un attimo il proprio partner di ballo si allontanasse per una danza in “assolo”, come se non fossero più un unicum. I genitori hanno il difficile compito di mettersi in disparte, continuando a monitorare e proteggere, dando allo stesso tempo lo spazio necessario per fare le proprie esperienze.

Purtroppo, in questa fase i figli non sempre si rendono conto di questa dinamica. Sono presi dalla propria danza personale. Non condividono nemmeno più il ritmo con i genitori, nemmeno la musica. Alcuni si buttano in danze tribali, come quelle vodoo, dove la coscienza è alterata e il contatto con la realtà si perde.

Allora tutto finisce?

No, tutto si trasforma.

 

One, two, three….let’s go rock!

Si trasformano la sala da ballo, la danza, la coppia “genitori/figli”, la musica. Insomma le cose assumono forme diverse.

Ma questo non significa che sia meno meraviglioso e gratificante! Tutto sta a trovare un nuovo modo di danzare insieme. Magari con ritmi diversi (le ginocchia dei genitori cominciano a scricchiolare!!), magari i figli si spostano in una sala diversa, e con nuovi partner.

Ciononostante il legame e l’amore per la musica non cambia. Il riverbero delle nostre emozioni, i primi passi mossi insieme, le volte che siamo caduti o che non sapevamo come muoversi, tutto questo rimane fra genitori e figli, rinnovandosi nel tempo e creando nuove