Uccidi il tuo Buddha!! - Psicologo Prato Iglis Innocenti

Uccidi il tuo Buddha!!

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Quando ero studente di università (ahimè parliamo di circa 20 anni fa!!) mi capitava spesso, durante una passeggiata in centro a Firenze, di andare in libreria alla Feltrinelli. Ricordo bene il giorno in cui, in cerca di un libro da leggere, incappai su un titolo che mi lasciò perplesso: “Se incontri il Buddha per la strada uccidilo”. Era edito da Astrolabio Ubaldini Editori. Questa casa editrice, per noi studenti di psicologia, era quella che pubblicava i libri mitici con la copertina gialla.

Negli anni ho poi capito il senso del titolo.

 

Chi è il Buddha del libro?

Il Buddha a cui si riferisce il libro, scritto dal dott. Kopp nel 1975, è una figura astratta, non certo quella sacra del Buddismo. Simboleggia la figura del maestro, della guida, di colui che si prende il discepolo sotto la propria ala protettrice. La figura “sacra” di chi ha la responsabilità di far crescere, nutrire (sia fisicamente che intellettualmente) un’altra persona.

Il Buddha è il genitore, il professore, l’amico/a con cui ci confidiamo, il terapeuta, il medico. Chiunque può essere un Buddha in una relazione.

 

La strana coppia

Fra Buddha e discepolo s’innesca una dinamica di relazione dove entrambi hanno un’importante responsabilità.

Solitamente, chi ricopre il ruolo di Buddha è portare della fiducia della persona di cui diventa mentore. Pertanto è investito di una grandissima responsabilità: quella di non approfittarsene mai! In altre parole, non si deve favorire la creazione di un rapporto di dipendenza con il discepolo, altrimenti questi non riuscirà a diventare autonomo.

D’altra parte, il discepolo, visto che si affida significativamente al proprio Buddha, ha la responsabilità di non esserne dipendente per sempre. In altre parole, deve “ucciderlo”! Detto in modo meno sanguinario, chi investe un’altra persona di tanto potere, deve monitorare l’uso che l’altro ne fa, senza MAI dare per scontato che ne faccia SEMPRE un buon uso.

 

Uccidi il Buddha: metti in discussione l’altro

Tuo padre, tua madre, non sono essere divini.

Il tuo terapeuta non è Dio. Non è un Buddha.

Il tuo parroco, il tuo insegnante, il/la collega che fa le cose bene, il tuo migliore amico o migliore amica, tuo fratello o tua sorella maggiore. Sono figure importanti, ma non divinità.

In quanto “discepolo” è necessario che tu conservi la tua autonomia mettendo in discussione l’altro. E’ importante che tu riesca a mantenere il proprio senso di “individuazione”, che ti faccia recuperare immediatamente la tua identità. Non sei ciò che l’altro vede o si aspetta che tu sia. Uccidere il Buddha significa questo. Non puoi essere discepolo per sempre, devi diventare “Buddha di te stesso”.

Pertanto: la parola “Io” non è formata da due lettere. È formata della stessa sostanza con cui percepisci la tua identità. Proteggila!